Da sempre, nel mio campo, si sente parlare di “allenamento femminile“, un termine che può aprire riflessioni interessanti sul modo in cui viviamo il movimento e il benessere. Ragionare su questa espressione può essere l’occasione per rivedere come le donne si avvicinano all’attività fisica, superando vecchi stereotipi su cosa “dovrebbe” essere l’allenamento al femminile. Prendiamoci quindi un po’ di tempo assieme su questo argomento!

L'allenamento come strumento di benessere
Con i miei clienti cerco sempre di trasmettere un aspetto per me fondamentale: l’attività fisica deve piacere, altrimenti si rischia di perdere la motivazione. Che si tratti di yoga, escursioni, danza o esercizi di potenziamento muscolare, il punto di partenza è sempre la motivazione, quella reale, che ci spinge a muoverci con costanza e piacere. Allo stesso tempo, credo sia utile superare alcuni preconcetti culturali: molte donne tendono ad allenare quasi esclusivamente la parte bassa del corpo, mentre gli uomini si concentrano per lo più su spalle, torace e braccia. Allo stesso modo, l’allenamento aerobico viene spesso visto come più “femminile” mentre l’allenamento della forza come roba “da uomini”.
Questo approccio rischia di creare squilibri, sia a livello estetico che funzionale. Allenare il corpo nel suo insieme non significa diventare “troppo muscolose”, ma semplicemente rendere il fisico più stabile, armonico, ricco di abilità motorie e pronto a sostenerci nella vita quotidiana. Il corpo funziona come un’unità, e prendersi cura di ogni sua parte in modo equilibrato è un atto concreto di rispetto verso se stessi e di consapevolezza.
L'importanza di allenare tutto il corpo
Allenarsi vuol dire rendere il corpo capace di affrontare il mondo. Se, per cultura, rinunciamo a lavorare su certe aree del corpo, ci stiamo togliendo possibilità.
Ricordo un’esperienza significativa: quando praticavo danza sportiva, un allenatore mi sconsigliò fortemente di fare push-up per evitare che aumentasse la massa muscolare nella parte superiore (che ho sempre avuto ben sviluppata). All’inizio accettai quell’indicazione, ma negli anni, studiando e approfondendo il funzionamento del corpo umano, ho capito quanto fosse limitante quel consiglio. Aveva davvero senso privarmi di braccia forti che mi permettessero di essere più agile, più sicura, più autonoma solo per aderire a un ideale estetico arbitrariamente imposto dall’esterno? Ma soprattutto, se eseguendo un’azione così naturale come sollevarmi dalle braccia, il mio corpo produceva una determinata massa muscolare, non significava forse che quelli erano esattamente i muscoli giusti per me?
Allenarsi in modo globale, senza escludere zone del corpo, significa rispettare la propria costituzione e il proprio potenziale (in merito a questo puoi leggere l’articolo: La verità sui tacchi che nessuno ti dice).
Cosa significa davvero l'allenamento femminile?
È vero che esistono differenze fisiologiche tra corpo maschile e corpo femminile.
Alcune problematiche colpiscono più spesso le donne, come la cellulite o condizioni come il lipedema, che interessano gli arti inferiori. In questi casi l’allenamento può e deve adattarsi a queste specificità, ma non deve essere “allenamento femminile” in senso generico: deve essere un allenamento pensato per quella persona e per quella esigenza. È assolutamente legittimo avere anche obiettivi estetici, purché non rappresentino l’unico motore dell’allenamento.
Allenamento e ciclo mestruale
Il mio approccio è sempre basato sull’autoconsapevolezza: ascoltare il proprio corpo, trovare il tipo di attività che piace e che fa stare bene.
Un altro aspetto da tenere in considerazione nelle donne riguarda le variazioni ormonali legate al ciclo mestruale. Non tutte le donne vivono le stesse sensazioni, ma in generale ci sono fasi del mese in cui l’energia cambia. Durante la fase follicolare (quella che porta all’ovulazione) molte donne sperimentano più energia, forza e coordinazione grazie all’aumento degli estrogeni. Al contrario, nella fase luteale (dopo l’ovulazione), l’aumento del progesterone può portare a una maggiore sensibilità al dolore e alla fatica.
Conoscersi e adattare l’allenamento alle proprie fasi cicliche può aiutare a non farsi male, a ridurre la frustrazione e a mantenere una buona costanza nel tempo. A volte basta diminuire i carichi, aumentare le ripetizioni o cambiare tipo di esercizio per rispettare il proprio corpo senza rinunciare al movimento.
Tuttavia, queste indicazioni non sono leggi universali: sono spunti, non dogmi. Ogni corpo è diverso, e l’allenamento diventa un vero alleato quando ci aiuta a conoscerci meglio, e non quando cerchiamo di adeguarci a standard esterni.
Il punto di partenza è semplice e potente: l’allenamento è uno strumento per entrare in contatto con se stessi, non per seguire dettami culturali.
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